
La testimonianza più antica messa in luce è costituita da una piccolissima area utilizzata per scopi agricoli. Nel terreno sono state trovate tracce di aratura e di piantumazione.

In tutta l’area sono attestate, per la prima volta sull’Esquilino, cave di pozzolana a cielo aperto. La pozzolana era un materiale da costruzione molto ricercato specialmente in questo periodo di grande espansione edilizia di Roma, divenuta ormai padrona del Mediterraneo.

L’area viene acquistata da Lucio Elio Lamia che realizza i propri horti colmando le cave di pozzolana con una grande quantità di detriti. Lo scavo ha messo in luce una serie di modifiche successive che cambiano volto ai giardini; tra queste quella di età giulio-claudia in cui un’imponente scala di marmo mette in comunicazione i diversi livelli degli horti.

I giardini vengono dotati di un ambiente rettangolare rivestito di intonaco e pavimentato, con la probabile funzione di magazzino.

L’area viene monumentalizzata: l’ambiente rettangolare viene ingrandito e viene costruita una piazza dotata di un piccolo ninfeo, collegato a un canale (euripo) lungo 45 metri nel quale scorreva l’acqua della fontana.

Il complesso viene ulteriormente ingrandito, mantenendo il ninfeo ma eliminando l’euripo. Alla grande piazza, decorata da sontuosi marmi, vengono aggiunti degli ambienti pavimentati a mosaico. Tra essi si conserva ancora una latrina.

Per problemi statici vengono aggiunti tre contrafforti sul lato orientale, e poco dopo due ambienti angolari con funzione di servizio.

Il ninfeo viene abbandonato e depredato degli arredi. Al suo interno vengono realizzate modeste strutture in muratura, mentre lungo la strada all’esterno vengono praticate alcune sepolture. Lo scavo non ha restituito le stratificazioni successive, asportate dagli sbancamenti effettuati per la costruzione del quartiere umbertino alla fine dell’Ottocento.

Viene inaugurato, dopo più di 10 anni di lavoro, il Museo.